HENRI BERGSON "Ovunque qualcosa vive, vi è, aperto da qualche parte, un registro ove il tempo si iscrive".
“Quando faccio scorrere sulla mia persona, supposta intuitiva, lo
sguardo interiore della coscienza, percepisco dapprima una specie di crosta
solidificata in superficie: sono le percezioni che vi giungono dal mondo
materiale. Tali percezioni sono nette, distinte, giustapposte o giustapponibili
l’una l’altra. Esse cercano di raggrupparsi in oggetti. In seguito, percepisco
dei ricordi, più o meno aderenti alle percezioni, e che servono a
interpretarle. Tali ricordi si sono come staccati dal fondo della persona,
attratti alla superficie da percezioni che loro assomigliano: essi sono posati
su di me, senza essere in tutto e per tutto me medesimo”.

“La durata interiore è la vita continua d’una
memoria che prolunga il passato nel presente: o che il presente racchiuda
esplicitamente l’immagine, senza posa crescente, del passato, o che attesti,
piuttosto, con il suo continuo mutare di qualità il carico sempre più pesante
che trascina con se, via via che invecchia. Senza questo sopravvivere del
passato nel presente non vi sarebbe durata, ma solo istantaneità”.
Tratto da “Introduzione alla
Metafisica”


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