ED IO? PERCHE' ESISTO?

 




Ed io? Perché esisto? Perché sono stato gettato in questo mondo?


Sono i quesiti più frequenti e più irrisolti della storia, della filosofia, della religione e, più in generale, dell'uomo. Cos’è l'uomo? Cosa siamo noi, se non dei miseri accidenti sputati nella vita del mondo. Siamo insetti che disturbano, siamo il cancro della natura, siamo gli inopportuni dell'ecosistema. Ma allora che ci facciamo qui? Ed è possibile che abbiamo costantemente bisogno di chiederci perché? È possibile che abbiamo costantemente bisogno di trovare uno scopo a tutto quello che quotidianamente facciamo? Certo, certo che ne abbiamo bisogno. Perché abbiamo bisogno di sentirci utili, abbiamo bisogno di sentirci voluti dalla società e dal mondo. Ma il mondo non ci ha chiesto di abitarlo. Il mondo non ci ha chiesto di violentarlo. Siamo stati noi ad irrompere così, perché ne avevamo bisogno.

All'inizio dei tempi avevamo solo bisogno di bere, mangiare, trovare un posto per dormire. All'inizio avevamo bisogno di sopravvivere, e basta. E adesso? Di cos'altro abbiamo bisogno? L'evoluzione della storia ci ha portato ad aumentare la domanda in modo sproporzionato, così c'è stato l'incremento dell'offerta da parte del mondo. E la nostra partita a chiedere e ricevere l'abbiamo sempre vinta noi uomini. Quasi sempre, perché, poi, il mondo ci fa scontrare con sfide più grandi di noi. Una pandemia. Forse la carta vincente per fare un po' di pulizia della specie più grande tra i consumatori.

Ed eccoci qua, più umani che mai, a combattere nuovamente per la sopravvivenza. Ci richiudiamo in casa per paura di morire, ci priviamo della vita per la stessa paura di perderla. Siamo arrivati a vivere un paradosso. E continuiamo a chiederci: perché? Perché vivo meccanicamente le mie giornate? La sveglia ogni mattina mi ricorda che devo ricominciare la mia routine: accendo il computer e lo lascio svegliarsi mentre la macchinetta del caffè stenta a produrmi un espresso. Mi siedo, cinque ore davanti ad uno schermo ad immaginare come sarebbe la vita fuori dall'apnea di una mascherina. Perché sono qui? Sperimentiamo la solitudine. Sì, la sensazione è quella di essere in lockdown nel mio stesso corpo, incastrata nelle mie stesse angosce, incatenata dietro le sbarre dei miei desideri irrealizzati. Sì, è così che mi sento: sola.

Non c'è nessuno, non c'è nessuno che condivide il mio corpo, non c'è nessuno che alleggerisce le mie angosce e che condivide i miei desideri. Allora a che servo? Ora più che mai mi distruggo nella fatidica domanda ossessiva sul mio posto nel mondo. Cosa mi aspetta oltre la soglia del liceo? Cosa mi aspetta oltre queste giornate così monotone e tutte uguali. Non riesco più a trovare un motore, una spinta, una pulsione che, per dirla alla Freud, possa essere sublimata in qualcosa che mi possa permettere di effettuare la scelta universitaria. Sono una canna al vento, per aggrapparmi a Pascal, sono un essere sputato nel mondo che si compiace del suo stesso dolore come sensibilmente ha sentenziato Kierkegaard.

Io, come Persefone, aspetto la mia primavera e sono vittima di un gioco di Ade, che mi ha portato a vivere nella natura congelata dell'inferno. Io, come Penelope, tesso e ritesso, scucio e riccio un arazzo che non porterò mai a termine: aspetto l'arrivo di qualcosa che probabilmente non riuscirò neanche a riconoscere. Io, come Odisseo, perso nel mondo. Ma non sono un eroe, sono un vinto. Sono un personaggio dei Malavoglia, ma travolta dalla fiumana del non sense, dalla fiumana del nulla. Io, travolta dal vuoto. Io, come l'Eco dipinta da Ovidio: grido invano le parole che ritornano prepotenti nel mio cervello e rimbombano contorcendosi tra le sinapsi. Io, come tutti gli altri. Io e gli altri. Io, senza gli altri. Io e basta: vivo lo straniamento da me stessa, la crisi del mio individuo, il crollo della mia maschera. Aspetto che mi ricrescano i capelli, aspetto che le lacrime amare diventino più dolci. Aspetto, come si aspetta di riabbracciare un vecchio caro perso per sempre.


SARA FIORENTE

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